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Una terapia genica contro l'emofilia

Somministrare una sola volta il fattore della coagulazione mancante: è questa la proposta dei ricercatori, che hanno sperimentato con successo l'uso di nuovi vettori lentivirali in un modello animale.

Dolore, danni alle articolazioni ed emorragie a volte fatali: sono questi alcuni dei rischi corsi da chi soffre di emofilia, una rara malattia causata da un difetto genetico nel processo di coagulazione del sangue, rischi che presto potrebbero essere combattuti grazie alla terapia genica. Ad aumentare le speranze è uno studio pubblicato su Science Translational Medicine da un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Luigi Naldini, direttore del Tiget, l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia genica di Milano.

Inserendo nel fegato il gene per produrre il fattore IX ella coagulazione, l'elemento mancante in chi soffre di emofilia B, Naldini e collaboratori sono riusciti a ridurre significativamente i sanguinamenti spontanei. Per il momento la terapia è stata sperimentata solo su cani che, spiega Alessio Cantore, primo autore dello studio, “rappresentano il modello più vicino all’uomo di questa malattia”. “Tutti e tre i cani sono vivi – racconta il ricercatore – stanno bene e hanno riportato un beneficio duraturo (a più di cinque anni di osservazione) in seguito alla terapia genica, dimostrabile dalla riduzione o assenza di sanguinamenti spontanei”.

Come funziona. La terapia genica sperimentata dai ricercatori del Tiget si basa su una singola somministrazione di materiale genetico contenente l'informazione per produrre il fattore IX della coagulazione. In particolare, per veicolare il gene mancante vengono utilizzati vettori derivati dall'Hiv, i cosiddetti vettori lentivirali. Iniettati direttamente nel sangue, questi vettori raggiungono il fegato, organo in cui viene prodotto il fattore IX della coagulazione in chi non è affetto da emofilia B. Qui la copia funzionante del gene si inserisce nel genoma di alcune cellule, permettendo la produzione di fattore IX, che torna ad essere immesso costantemente nel circolo sanguigno. In questo modo in caso di necessità il sangue può coagulare correttamente, evitando le emorragie con cui ha normalmente a che fare chi soffre di emofilia.

Grandi speranze. Al momento chi soffre di emofilia deve sottoporsi ogni 2-3 giorni, per tutta la vita, all'infusione endovenosa del fattore della coagulazione mancante. Gli scienziati hanno già provato a sperimentare la terapia genica, ma i vettori impiegati presentano delle limitazioni che non li rendono utilizzabili in tutti i pazienti. I vettori lentivirali utilizzati da Naldini e collaboratori potrebbero far venire meno gli svantaggi di entrambi questi approcci: già sperimentati con successo dai ricercatori del Tiget in bambini affetti da immunodeficienze o da malattie neurodegenerative, permetterebbero di trattare tutti i pazienti con un'unica somministrazione. “Questo lavoro – sottolinea Naldini – pone le basi per una prossima sperimentazione clinica della terapia genica dell’emofilia B con i vettori lentivirali, anche se serviranno ancora alcuni anni di lavoro per garantire efficacia e sicurezza anche nell’uomo”.