• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • 011 800 09 45
  • Facebook | AVIS7tse

INFORMAZIONI SUI GRUPPI SANGUIGNI, LO SAPEVI CHE?

TU LO SAPEVI CHE?

IL GRUPPO SANGUIGNO 0 (ZERO) Rh NEGATIVO E’ DETTO “DONATORE UNIVERSALE” ? E' DETTO COSI' PERCHE' PUO’ ESSERE DONATO A CHIUNQUE! QUESTO GRAZIE AL FATTO CHE QUESTO GRUPPO SANGUIGNO NON CONTIENE GLI ANTIGENI A, B E Rh E DI CONSEGUENZA NON PROVOCA REAZIONI DI COMPATIBILITA’ NEL RICEVENTE, OLTRE AD ESSERE IL GRUPPO SANGUIGNO PIU’ COMUNE.

E LO SAPEVI CHE?

IL GRUPPO SANGUIGNO AB Rh POSITIVO E’ DETTO INVECE “RICEVENTE UNIVERSALE” ? QUESTO GRAZIE AL FATTO CHE CHI HA QUESTO GRUPPO SANGUIGNO, PUO’ RICEVERE QUALSIASI TIPO DI SANGUE, PERCHE’ CONTIENE TUTTI GLI ANTIGENI A, B E Rh E IN CASO DI TRASFUSIONE IL RICEVENTE NON PUO' PATIRE REAZIONI DI COMPATIBILITA’.

INOLTRE SAPEVI CHE?

IL GRUPPO SANGUIGNO PIU’ RARO E’ QUELLO AB Rh NEGATIVO? ESSO E' PRESENTE SOLO NELLO 0,5% DELLA POPOLAZIONE, MENTRE IL TIPO 0 (ZERO) Rh POSITIVO E’ IL PIU’ DIFFUSO, ESSENDO PRESENTE NEL 39% DELLA POPOLAZIONE.

ECCO ADESSO LO SAI!

I giovani donano meno sangue, analizziamo i motivi per cui si è inceppata la staffetta generazionale.

Nelle nostre sale operatorie non sono rari gli interventi non urgenti rinviati per un numero insufficiente di sacche di sangue a disposizione. Mentre gli under 45 sono tornati a crescere (per la prima volta in 10 anni), i giovanissimi continuano a mancare all’appello. Storia di una rivoluzione che non può fermarsi

Non c’è niente come il sangue che ci faccia impressione, nel bene e nel male. È simbolo di vita e di morte, identificazione dell’esistenza che scorre nel corpo e della sua precarietà. «Gli ho dato il mio sangue», «mi ha fatto sputare sangue». «Perdo tempo come si perde sangue» sono frasi comuni nella dialettica giornaliera.

La storia delle donazioni, corre su un binario parallelo a quello della medicina, come poche altre evidenzia ideali e orrori, usi e costumi, coraggio e paure della nostra società, e come questa stia cambiando. Si è calcolato che oggi nel mondo ogni 2 secondi qualcuno ha bisogno di sangue. La domanda di questo liquido rosso che ci tiene vivi è in continua crescita e l’offerta fatica a tenere il passo. I 1.870 pazienti che vengono trasfusi ogni giorno in Italia in un anno hanno bisogno di ricevere un fiume di 600 mila litri di globuli rossi e 1.100 mila litri di plasma.

Circa il 30% di PLASMA dev'essere importato dall’estero perché la raccolta nazionale non è sufficiente. Nelle sale operatorie degli ospedali italiani, soprattutto nei periodi estivi, non sono diventati rari i casi in cui si devono rinviare interventi per un numero non sufficiente di sacche di sangue a disposizione. Per ora, fortunatamente, solo quelli non urgenti. Nel nostro Paese si è inceppato il ricambio generazionale, indispensabile per garantire la continuità della raccolta. 

I donatori, nella fascia di età tra i 18 e i 45 anni, dal 2011 al 2022, sono diminuiti da 1.094.436 unità a 844.286. Per fortuna i loro genitori, nonni e fratelli maggiori, dai 46 ai 65 anni, negli stessi anni sono aumentati da 623.134 a 787.716. Il bilancio è quindi rosso anche se nel 2023, per la prima volta in 10 anni, gli under 45 anni sono tornati ad aumentare di 7mila unità rispetto all’anno precedente.

La domanda di sangue è in ascesa. In Italia dalla metà degli anni 50 a oggi la domanda di sangue è triplicata. Per varie ragioni: l’età media della popolazione era circa la metà di quella di oggi e si è alzata a dismisura la soglia di età dei pazienti operati. Inoltre le nuove cure per le patologie di tipo onco-ematologiche, sia croniche che acute, richiedono una grande quantità di sangue e di plasma. Un altro capitolo rilevante della domanda sono i trapianti, che negli Anni 50 non si facevano: per uno di fegato la mediana è di sei sacche.

Nel nostro Paese a oggi l’obiettivo dell’autosufficienza in materia di plasmaderivati resta lontano. Tutto può servire per cercare di colmare questo vuoto. «Ho iniziato a donare alcuni anni fa dopo essermi fatto una domanda sul perché non dovevo farlo» racconta un donatore Avis divenuto donatore abituale «La risposta è stata semplice: “Perché no?”. Ogni volta che dono non so a chi servirà il mio sangue, ma so che servirà».

Le storie si intrecciano, e il destino ha gioco facile con i flussi di sangue. «Prima donavo a Pianezza, poi a Torino, ero ormai una donatrice più che “consolidata” quando nel 2017 mio padre si è ammalato e ha avuto bisogno di sangue» ricorda un'altra avisina «È accaduto proprio nei mesi estivi. Doveva fare trasfusioni tutti i giorni. È capitato che ha dovuto attendere anche una giornata intera in ospedale perché le sacche di sangue non c’erano e non arrivavano. In quel momento ho fatto appello a tutti: amici, familiari conoscenti perché donassero il sangue per mio padre. Questa esperienza ha rafforzato il mio “credo” verso la donazione. In questa circostanza ho toccato con mano le difficoltà di “approvvigionamento”».

Socialità e social. La zona d’ombra più fitta che preoccupa, soprattutto guardando al futuro, è quella dalla quale faticano a uscire giovani e giovanissimi. In una ricerca del 2023 commissionata da Avis al Laboratorio adolescenza, su un campione nazionale di giovani da 13 a 19 anni, alla domanda «pensi che quando avrai l’età per farlo (o se ce l’hai già) diventerai donatore di sangue?» solo il 13,6% risponde «certamente sì». Il 29,3% «non so, non ci ho ancora pensato» e il 21% «no, perché ho paura dell’ago/della vista del sangue».

«La nostra associazione è la più antica del mondo a radunare volontari che donano sangue, e riflette come uno specchio i cambiamenti della società. I motivi per cui ragazzi e giovani donano oggi meno sangue sono molti e complessi: intanto il loro numero si è ridotto, e poi diventano stabili e indipendenti in età molto più avanzata rispetto alle generazioni precedenti.

Nei decenni passati c’era più vita sociale: negli oratori, nei circoli e anche nelle case. Oggi le resistenze non sono tanto legate a una carenza di sensibilità, quanto a una mancanza di informazioni corrette, spesso non sono a conoscenza della realtà e hanno una percezione distorta del loro corpo. Cercano notizie solo sui social nei quali trovano conferme alle loro paure, e spesso i genitori non aiutano a rompere questi muri, spingendo i figli a verificare e confrontare le loro convinzioni; inoltre fanno una vita in parte distaccata dal presente, dalla socializzazione.

Chi ha fatto un tatuaggio dopo 4 mesi potrebbe andare a donare sangue, ma spesso dice che ha paura dell’ago. È un approccio alla realtà scostante, bipolare. Ci sono ricerche che mostrano come dai 13 ai 18 anni non abbiano alcuna idea dei pericoli che esistono nei rapporti sessuali a rischio, non sanno cosa sia l’Hiv, né l’epatite.

Il consumo di droghe e superalcolici, anche tra i giovanissimi, è in aumento e anche questo si scontra con la possibile idea di andare a fare donazioni. Bisogna raggiungerli nel loro mondo con tutti mezzi, c’è un grande lavoro di informazione da fare».

 

Al di là di questa inquietante scarsità di sangue giovane il nostro Paese non esce male dal confronto con gli altri. Anzi. «L’Italia è ancora un modello perché abbiamo una legge, unica al mondo, secondo la quale la donazione deve essere volontaria, gratuita, e avere una motivazione sociale. In altri Paesi, come per esempio in Germania, Austria e molti altri, quella del plasma da aferesi è a pagamento». Anche nel recente passato del Covid, sul fronte delle donazioni, si sono accese luci confortanti. «La cosa che ricordano i medici Avis di quei primi giorni tragici, è stata la quantità di sollecitazioni che abbiamo ricevuto dai nostri iscritti per avere il permesso di uscire per venire a donare sangue, di cui c’era un disperato bisogno. È stato grazie a loro che, in seguito all’accordo con il ministro della salute per autorizzare gli spostamenti in città dei donatori certificati, durante il lockdown abbiamo coniato il motto “Esco solo per donare”».

 

 

AVISNET ha ripreso a funzionare!

 Caro Socio, cara Socia,

L'AVIS di Settimo T.se comunica che dal mese di FEBBRAIO 2025 è nuovamente possibile prenotarsi per le donazioni di Sangue Intero e Plasma:

- utilizzando lo smartphone, tramite l'APP "AVISNET" seguendo la seguente procedura: Come prenotarsi.

 

Sulla stessa APP è di nuovo possibile scaricare gli esami riferiti all'ultima vostra donazione.

 

 

Per qualsiasi altra info:

Nuova sede - via Galileo Ferraris, 6 Settimo T.se (TO)

mail: iQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

tel: 011 800 09 45

cell: 366 354 50 64 Gabriele 

       375 632 48 61 Clelia

 

Siamo presenti sui canali Facebook, Instagram e X come AVIS SETTIMO TORINESE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Referti On Line

Dal 1° di Febbraio 2025 sarà di nuovo possibile consultare on-line gli esiti delle donazioni sangue e degli esami effettuati presso tutti i punti prelievo AVIS.

Leggi tutto...

Rischio infarto o ictus? Lo dice il sangue

Lo studio CVrisk-IT è coordinato da una rete di 20 IRCCS tra cui il Policlinico Gemelli di Roma. Si basa sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari ischemiche e prevede un semplice prelievo ematico per stabilire quanto si è soggetti a queste patologie

Un esame del sangue per stabilire, preventivamente, se una persona è soggetta o meno a infarto o ictus. È quanto prevede lo studio CVrisk-IT, un programma coordinato dalla Rete Cardiologica IRCCS che riunisce 20 istituti sanitari tra cui il Policlinico Agostino Gemelli di Roma.

L’iniziativa, finanziata dal ministero della Salute, ha preso il via nei giorni scorsi e darà la possibilità a circa 30mila cittadini italiani di fare il punto sul proprio rischio cardiovascolare e di ricevere tutte le informazioni per ridurlo al massimo. Si tratta del più grande studio epidemiologico mai effettuato in questo campo nel nostro Paese, che riguarda appunto forme che, ad oggi, costituiscono la principale causa di morbilità e mortalità sia in Italia sia nel resto del mondo occidentale. Molte si tramutano in forme gravi come l’insufficienza cardiaca, una malattia cronica dall’impatto devastante sia sul paziente che sul Servizio sanitario nazionale. Ma come si valuta il rischio cardiovascolare?

Ad oggi gli attuali punteggi (score) europei (come lo SCORE2) prendono in considerazione la regione di residenza (perché cambiano le abitudini e gli stili di vita), il genere (le donne fino alla menopausa sono protette dagli ormoni femminili), l’età, i livelli di colesterolo (HDL basso e LDL alto) e la presenza di ipertensione sistolica. Come spiega la professoressa Giovanna Liuzzo, associata di Medicina Cardiovascolare all’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore della UOSD di Sindromi Coronariche Acute, Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, componente dello steering committee del progetto CVrisk-IT e co-responsabile del Work Package 4 sul rischio poligenico, «nell’ambito di questo progetto, dedicato ai cittadini dai 40 agli 80 anni che non abbiano mai avuto un evento cardiovascolare e che non siano affetti da diabete, verrà valutata la presenza dei principali fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione, ipercolesterolemia, fumo di sigaretta, sedentarietà, obesità) e dei cosiddetti “amplificatori del rischio”. Nel 30-40% dei soggetti con fattori di rischio sotto controllo (ad esempio la pressione o il colesterolo nel range ottimale), infatti, si possono comunque verificare eventi cardiovascolari (infarto, ictus ischemico o morte cardiovascolare) nell’arco dei successivi 10 anni o si può rendere necessario un intervento di rivascolarizzazione coronarica (mediante angioplastica o by-pass). Per questo è necessario andare oltre per scoprire i fattori determinanti del cosiddetto rischio residuo».

Questi amplificatori comprendono nuovi elementi basati sull’imaging come la presenza di calcio nelle coronarie (detta “calcium score”, visibile grazie alla TAC del torace) e l’ecocolordoppler dei vasi del collo, che serve per valutare un eventuale ispessimento o la presenza di placche più o meno invasive della carotide. «In presenza di questi amplificatori del rischio – prosegue la professoressa – la classe di rischio di un soggetto, calcolata attraverso gli score tradizionali (bassa, intermedia, alta), fa uno scatto in avanti. Diventa quindi necessario aumentare l’attenzione allo stile di vita e operare un controllo più stringente dei fattori di rischio tradizionali».

Le persone che decideranno di partecipare avranno la possibilità di ricevere una valutazione approfondita di tutti i fattori di rischio tradizionali: basta un semplice esame del sangue e una visita medica. A questi si aggiungerà anche un’indagine sui fattori di rischio emergenti come stress, qualità del sonno, abitudini di vita, sedentarietà e condizioni ambientali. Per quest’ultimo caso verranno utilizzati questionari standardizzati. In base a quello che sarà il risultato, verrà consigliato un trattamento specifico.

Chi fosse interessato può scrivere un’email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., per poi venire invitato a partecipare a una visita di screening.