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Un test del sangue controlla la diffusione delle neoplasie

Un nuovo test può scovare in pochi minuti il numero di cellule tumorali circolanti nel sangue di pazienti affetti da cancro ai polmoni. 

E un giorno potrà, forse, monitorare lo sviluppo della malattia con un semplice prelievo del sangue.
È il risultato di una sperimentazione, compiuta dal Massachusetts General Hospital Cancer Center di Boston sotto la guida di Daniel Haber. 

Le cellule tumorali possono trovarsi nel flusso sanguigno sin dai primi stadi del cancro. Sebbene la loro presenza non implichi l’esistenza di un tumore, i ricercatori hanno osservato che una loro crescita è solitamente correlata a un peggioramento della prognosi rispetto a certe forme di patologia oncologica. Già nel 2004, la Fda (Food and drug administration) americana aveva approvato, come forma di monitoraggio sperimentale per alcuni tumori, una serie di test per permettere di contare il numero di cellule maligne circolanti nel sangue. 

Nel 2007 Haber e i suoi colleghi trovarono una nuova modalità per isolare le cellule tumorali circolanti del sangue e svilupparono un apparecchio che spingeva i campioni di sangue attraverso dei piccoli canali, nei quali si trovavano degli anticorpi reagenti alla proteina presente nei tumori epiteliali. Con questo sistema è stato possibile creare un test genetico che rivela il livello di mutazione del fattore di crescita della proteina epidermiale. Avendo lo strumento per rivelare le mutazione, diventa praticabile la via per somministrare farmaci che inibiscano ogni crescita imprevista. Anche se bisogna sempre tenere in conto la capacità di resistenza del tumore, che tende a produrre ulteriori mutazioni del recettore di crescita. 
Al di là del successo terapeutico questa scoperta ha un rilevanza diagnostica, perché permette di verificare lo sviluppo della mutazione neoplastica senza dover necessariamente ricorrere alla biopsia, che – soprattutto nei casi di tumore ai polmoni – è una procedura dolorosa, e non sempre praticabile. Al momento, il test non è pronto per un utilizzo clinico. Lo sviluppo richiede ancora del lavoro, ci sono poi da considerare le procedure di ottimizzazione funzionale. Ma la strada è segnata. È solo una questione di tempo, ormai.