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Esercizio fisico eccessivo “avvelena” il sangue

Cercare a tutti i costi di superare i propri limiti potrebbe essere pericoloso. Gli sforzi eccessivi possono intossicare il flusso sanguigno degli atleti che non sono adeguatamente preparati.

Effettuare sforzi eccessivi e prolungati potrebbe intossicare il sangue e intaccare il sistema immunitario. A sostenerlo, in uno studio pubblicato sulla rivista International Journal of Sports Medicine, sono i ricercatori della Monash University di Notting Hill (Australia) e di due istituti britannici, l'Università di Coventry e la Northumbria University di Newcastle. Secondo gli esperti, sottoporre il proprio fisico a prove estreme causa il rilascio di batteri intestinali nel sangue, che finiscono per “avvelenarlo”.

 Gli autori hanno analizzato i campioni di sangue di 17 sportivi, prelevati prima dell'inizio e dopo la fine di una maratona di 24 ore, condotta su un terreno montuoso. Al termine dell'analisi, hanno scoperto che lo sforzo prolungato aveva modificato il flusso sanguigno del 75% dei partecipanti.

L'esercizio estremo, infatti, aveva provocato rilevanti cambiamenti nelle pareti dell'intestino degli atleti, determinando il rilascio nel sangue delle endotossine, un tipo di batteri intestinali.

Questo processo aveva causato lo sviluppo di diverse infiammazioni, provocando l'attivazione del sistema immunitario. In particolare, è emerso che il flusso sanguigno di questi sportivi presentava marcatori molto simili a quelli dei pazienti ricoverati per avvelenamento.

Gli scienziati hanno osservato, inoltre, che un allenamento costante, diretto ad affrontare le gare estreme, protegge dall'intossicazione. Gli altri partecipanti, infatti, che erano più abituati a compiere sforzi estremi, avevano sviluppato meccanismi immunitari in grado di contrastare le infiammazioni, senza riportare effetti collaterali.

“È fondamentale che chi s'iscrive a un evento del genere, si sottoponga prima a un controllo sanitario e segua un programma di allenamento lento e costante – osserva Ricardo J. S. Costa, che ha coordinato lo studio -, piuttosto che partecipare direttamente a una maratona, per esempio, dopo essersi allenato soltanto per un mese".